Rifiuti da autodemolizione: linee guida per impianti di demolizione

Rifiuti da autodemolizione

Rifiuti da autodemolizione: linee guida per

    • impianti di demolizione dei veicoli

    • recupero dei componenti

  • impianti di frantumazione

Rifiuti da autodemolizione

Linee guida APAT sul trattamento dei veicoli fuori uso: CAPITOLO 2

2. ANALISI DEI DATI
2.1
Produzione di rifiuti da autodemolizione di veicoli

Il parco circolante in Italia nel 2005, secondo i dati forniti dall’ACI, ammonta a 45,1 milioni di veicoli di cui oltre 34,6 milioni di autovetture, con un incremento complessivo di 1,2 milioni rispetto al dato rilevato nel 2004. Le immatricolazioni di autovetture, nel 2005, risultano pari a 2,4 milioni (tabelle 2 e 3). La tabella 4 indica la consistenza del parco circolante secondo l’età nel quinquennio 2001-2005; l’analisi dei dati evidenzia che, nonostante i notevoli progressi in termini di “svecchiamento” in virtù degli incentivi concessi alla rottamazione nel corso degli anni, risulta ancora elevato il numero di autoveicoli di età superiore a dieci anni (quasi il 35% del totale del parco circolante). In particolare, tra il 2004 ed il 2005, si registra un incremento nel numero delle autovetture circolanti con più di 10 anni, pari al 25%. La figura 1 indica le quantità complessive dei veicoli radiati, nel periodo compreso fra il 1999 ed il 2005 per causa di esportazione, circolazione su area privata o demolizione. Va, al riguardo, evidenziato che il numero di veicoli radiati nel 2005 che circolano su area privata, circa il 10% delle radiazioni totali, subisce una consistente flessione rispetto al 2004, pari al 38,5%, riallineandosi al valore rilevato nel 2003. Nella maggior parte dei casi, si tratta di veicoli abbandonati che non vengono avviati al corretto circuito di trattamento con conseguenti gravi problemi ambientali. Tale opzione, in netto contrasto con la normativa europea (direttiva 2000/53/CE), è stata oggetto di specifico rilievo nei confronti del Governo italiano da parte della Commissione europea, nell’ambito del Parere motivato C(2004)5023 del 14 dicembre 2004, sulla non conformità del recepimento della direttiva 2000/53/CE. A seguito del parere motivato, con l’emanazione del D.Lgs 149/2006 il veicolo è classificato come rifiuto, ancorché giacente in area privata, quando risulta in evidente stato di abbandono. Ciò produrrà, verosimilmente, una modifica sostanziale nella distribuzione delle percentuali relative alle radiazioni per tale causa. La maggior parte delle radiazioni per demolizione viene effettuata al Nord (46%), mentre al Centro (21%) ed al Sud (33%) il numero appare più contenuto (figura 2), coerentemente con quanto ci si potrebbe attendere in relazione alla densità abitativa ed al numero di veicoli circolanti nelle tre diverse macroaree geografiche. Va, a tal proposito, rilevato che la percentuale di radiazioni riflette a grandi linee la distribuzione delle immatricolazioni di nuovi veicoli riscontrate dall’ACI per macro-area geografica nel 2005: Nord 50% di nuovi veicoli registrati, Centro 27% e Sud 23%.

Tabella 2: Parco vetture circolanti in Italia 2003/2005

Parco vetture circolanti in Italia 2003/2005

Tabella 3: Immatricolazioni veicoli In Italia 2003/2005

Immatricolazioni veicoli In Italia 2003/2005

Tabella 4: Vetustà dei veicoli circolanti In Italia 2001/2005

Vetustà dei veicoli circolanti In Italia 2001/2005

Figura 1 – Cessazioni di circolazione distinte per causali, anni 1999- 2005 (fonte ACI)

Cessazioni di circolazione distinte per causali, anni 1999- 2005

Tabella 5 – Radiazioni di veicoli secondo le principali cause per Regione, anno 2005 (Fonte: ACI)

Radiazioni di veicoli secondo le principali cause per Regione, anno 2005

Figura 2 – Cancellazioni per demolizione di veicoli per macro-area, anno 2005 (Elaborazioni APAT su dati ACI)

Cancellazioni per demolizione di veicoli per macro-area, anno 2005

 

Il monitoraggio annuale effettuato da APAT sull’intero ciclo di gestione dei veicoli e sul raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio e recupero mostra ancora la presenza di un numero elevato di impianti di trattamento, spesso non specializzati né adeguati alle nuove e rigorose prescrizioni tecniche. Molti degli impianti censiti trattano quantitativi molto bassi di veicoli e quote rilevanti di altre tipologie di rifiuti (altri rottami, ma anche carta, vetro, plastica ecc.). L’analisi dei dati rileva, infatti, che, nel 2005, sono operativi 1.622 impianti di trattamento dei veicoli fuori uso, di cui 1.489 effettuano le operazioni di messa in sicurezza. Del totale degli impianti di autodemolizione operativi, 794 sono situati al Nord (pari al 53% del totale), 216 al Centro (15%), 479 al Sud (32%) (tabella 5).
In totale, negli impianti censiti, sono state trattate circa 1,1 milioni di tonnellate di veicoli, circa 35 mila tonnellate in meno rispetto al 2004 (-3%). Tale dato è coerente con quello registrato nelle radiazioni dal PRA per demolizione, fornito dall’ACI, che ammonta a 1,3 milioni di veicoli (figura 1).
Nella tabella 7 viene indicata la distribuzione, con maglia provinciale, degli impianti con le relative quantità trattate nel 2003, 2004 e 2005. Va rilevato, tuttavia, che le informazioni riferite all’anno 2003 sono state elaborate da una base dati diversa, che non faceva riferimento alla sezione MUD specifica per i veicoli fuori uso, prevista solo a partire dall’anno 2004, con l’emanazione del DPCM 22 dicembre 2004. Questo spiega alcuni scostamenti nei dati che derivano, principalmente, dal fatto che, negli anni precedenti al 2004, non era stato possibile operare una suddivisione degli impianti in base alla loro tipologia in maniera rigorosa non essendo prevista nella scheda MUD “generica” la identificazione dell’attività di gestione (autodemolizione, rottamazione o frantumazione). Ancora pochi sono gli impianti che hanno aderito a sistemi di certificazione volontaria, solo 6 sull’intero territorio nazionale hanno dichiarato di aver conseguito la registrazione EMAS. Tali impianti sono localizzati soprattutto al nord del Paese, dove evidentemente c’è una sensibilità maggiore verso i temi ambientali, accompagnata da una più avanzata tecnologia degli impianti. Gli impianti registrati EMAS sono localizzati in Lombardia (3 in provincia di Milano ed 1 in quella di Mantova), Emilia Romagna (1 in provincia di Ferrara) e Piemonte (1 in provincia di Torino). Sono, invece, 20 gli impianti con certificazione UNI EN ISO 14001, dei quali, 8 in Emilia Romagna, 10 in Toscana e 2 in Friuli Venezia Giulia.

Tabella 6 – Impianti di autodemolizione in Italia per area geografica, anni 2003-2005

Impianti di autodemolizione in Italia per area geografica, anni 2003-2005

Tabella 7 – Numero di demolitori per provincia, anni 2003-2005

Numero di demolitori per provincia, anni 2003-2005
Numero di demolitori per provincia, anni 2003-2005
Numero di demolitori per provincia, anni 2003-2005

* a questi si aggiungono altri 133 impianti che effettuano le operazioni di sola rottamazione dei veicoli già messi in sicurezza (Fonte: APAT)

Figura 3 – Quantità di veicoli demoliti per macro-area geografica, anni 2002-2005 (fonte: APAT)

Quantità di veicoli demoliti per macro-area geografica, anni 2002-2005

La ripartizione per macro-area geografica dei quantitativi di veicoli trattati nel triennio 2003-2005 evidenzia che le riduzioni maggiori si sono registrate al Nord (- 64 mila tonnellate) ed al Sud (-33 mila tonnellate). Il Nord, con circa 560 mila tonnellate, tratta la metà (51%) del totale dei veicoli che vengono avviati ad impianti di autodemolizione, mentre la restante quota appare equamente distribuita al Centro (20%) ed al Sud (28%). Riguardo agli impianti di frantumazione, che rappresentano l’ultimo anello della filiera di gestione e che operano la riduzione in frammenti della carcassa in un mulino, e il successivo recupero dei metalli ferrosi per via magnetica, il sistema appare non diffuso in maniera capillare sul territorio ma maggiormente concentrato in alcuni contesti territoriali in vicinanza degli impianti di recupero del rottame ferroso e nelle zone in cui il tessuto industriale è più strutturato. Gli impianti di frantumazione operativi in Italia sono 27 per la maggior parte localizzati nel Nord del Paese (tabella 8). Il quantitativo di rifiuti in ingresso a tali impianti ammonta a circa 2 milioni di tonnellate di cui circa il 63% è costituito da rottami provenienti dalla messa in sicurezza dei veicoli. Solo 3 impianti di quelli operativi, infatti, non ricevono rottami provenienti dai veicoli fuori uso (Travagliato Gatteo e Palma Campania). Nelle tavole riportate nell’Appendice 2 è illustrato il quadro impiantistico regionale relativo agli impianti operativi. Per ogni regione è descritto sia il quadro relativo agli impianti di messa in sicurezza che di quelli che effettuano la sola rottamazione dei veicoli già trattati negli impianti di autodemolizione. Per ogni impianto censito è stato riportato non solo il quantitativo di veicoli messi in sicurezza, ma anche la quantità delle altre tipologie di rifiuti. Sono riportate, inoltre, le quantità di veicoli conferite agli impianti e lasciate in giacenza alla fine dell’anno che corrispondono ad un totale di circa 98 mila tonnellate a livello nazionale per il codice 160104. Per completare il quadro impiantistico relativo alla messa in sicurezza dei veicoli, per ogni impianto è stato anche riportato il quantitativo di rifiuti derivante da tale tipologia di trattamento. In molti casi si è riscontrato, che gli impianti autorizzati alla messa in sicurezza dei veicoli non sono dedicati, ma sono delle vere e proprie piattaforme di trattamento alle quali afferiscono le più svariate tipologie di rifiuti provenienti anche dal circuito urbano. Inoltre i veicoli messi in sicurezza vengono spesso passati da un impianto ad un altro per le successive fasi di smontaggio e ciò rende particolarmente complicato seguirne il flusso. Al fine di non duplicare i dati, le quote di rifiuti identificate con il codice 16.01.06, ricevute dagli impianti per la sola attività di smontaggio, e quelle relative alle singole componenti, sono state sommate nella colonna dei rifiuti prodotti dalle attività di messa in sicurezza. Nelle tabelle sono state inserite anche la tipologia di impianto (autodemolitore, rottamatore o piattaforma di trattamento), identificando gli insediamenti per la loro attività prevalente, nonché le date di autorizzazione e comunicazione di inizio attività nel caso di procedura semplificata.

Tabella 8 – Impianti di frantumazione operativi in Italia, anno 2005

Impianti di frantumazione operativi in Italia, anno 2005

La quantità di rifiuto in uscita dagli impianti di frantumazione delle carcasse di autoveicoli dismessi è composta dal fluff di frantumazione e da altri rifiuti composti da metalli non ferrosi (191002) e altri scarti di plastica e gomma (191204) provenienti da sistemi di selezione a valle della frantumazione. Il fluff, è costituito dal residuo non metallico contenente plastiche, imbottiture, gomma, vetro, tessuti, vernici ed adesivi, materiali isolanti e guarnizioni e rappresenta uno tra i maggiori problemi dell’intera filiera. La distribuzione degli impianti di frantumazione per macro-area geografica con l’indicazione dei quantitativi trattati, distinti per tipologia di rifiuto (veicoli ed altri rottami), è riportata in tabella 9. Valutando il quantitativo di fluff derivante da frantumazione di autoveicoli è pari a circa 380.000 tonnellate, che corrispondono al 32% dei rifiuti in entrata agli impianti nel 2005. Gli altri rifiuti che vengono avviati a smaltimento sono pari a circa 170.000 tonnellate.

Tabella 9 – Numero di impianti di frantumazione in Italia, per area geografica, anno 2005

Numero di impianti di frantumazione in Italia, per area geografica, anno 2005

2.2 Analisi dei dati relativi ai singoli flussi di rifiuti
La demolizione dei veicoli fuori uso da origine ad una considerevole varietà di rifiuti, anche pericolosi e, in particolare:
• rottami ferrosi: carcasse veicoli bonificati privi di plastiche e pneumatici; parti di veicoli privati di altre impurità
• rottami non ferrosi: alluminio, parti di veicoli (cerchi, scatole guida, cambi, ecc.); spezzoni di cavo in rame
• rottami metallici misti: radiatori raffreddamento misto rame; radiatori raffreddamento misto alluminio; motori misto ghisa/alluminio; motori e cambi misto acciaio/alluminio
• marmitte catalitiche
• vetri
• pneumatici
• plastiche: imbottiture sedili, paraurti, plance, serbatoi, vaschette
• parti di ricambio: componenti destinati all’utilizzo per lo stesso scopo per cui erano stati concepiti
• batterie al piombo
• oli esausti
• carburante
• liquido freni
• liquido antigelo
• liquido lavavetri
nella tabella che segue è riportata la composizione media di una autovettura.

Tabella 10 – Composizione media di una autovettura

Composizione media di una autovettura

2.2.1 Pneumatici
Gli pneumatici derivanti dalle operazioni di demolizione dei veicoli a fine vita, il cui peso medio si aggira intorno ai 40 kg (ruota di scorta inclusa), possono essere riutilizzati, riprocessati, riciclati o recuperati. Il riutilizzo, tramite ricostruzione, viene effettuato solo previa verifica delle caratteristiche strutturali dello pneumatico. Nel caso in cui lo pneumatico non risulti idoneo al riutilizzo viene dichiarato fuori uso e avviato a recupero di materia e/o energia oppure smaltito (Tabella 11, Figura 4). Va, tuttavia, rilevato che il D.Lgs. 36/2003 ha posto il divieto di smaltimento in discarica di pneumatici interi fuori uso a partire dal 16 luglio 2003, mentre per quelli triturati il divieto decorre a partire dal 16 luglio 2006.

Tabella 11- Destinazione finale degli pneumatici, anno 2004

Destinazione finale degli pneumatici, anno 2004

Figura 4 – Destinazione finale degli pneumatici, anno 2004

Destinazione finale degli pneumatici, anno 2004

La struttura dello pneumatico è composta dai seguenti elementi: battistrada, carcassa, spalla e tela. Lo pneumatico è costituito da gomma naturale o sintetica la cui componente principale è il copolimero di stirene-butadiene (SBR). La composizione media è riportata in tabella 12.

Tabella 12 – Composizione media di uno pneumatico

Composizione media di uno pneumatico

CICLO DI VITA DELLO PNEUMATICO

Ciclo di vita dello pneumatico

Le aziende che effettuano il recupero degli pneumatici fuori uso, nel 2004, sono localizzate per il 45% al nord del Paese, per il 30% al Centro ed per il 25% al Sud. Più della metà delle aziende, in prevalenza quelle minori, risultano ancora non certificate. In particolare, le aziende con un fatturato maggiore di 500 mila euro, risultano per il 50% certificate o in procinto di esserlo; nelle aziende con un fatturato uguale o inferiore tale percentuale scende al 33,3%. Tra le tipologie di certificazione, la ISO 9002 è la certificazione maggiormente adottata (66,7%); la certificazione ISO 14000 è presente per il 25% delle aziende, mentre una percentuale minima, pari all’8,3%, è rappresentata dalla certificazione EMAS. Tra le fonti di approvvigionamento dei centri che effettuano il trattamento degli penumatici, la quota maggiore deriva dai gommisti, mentre raccoglitori, trasportatori e centri di raccolta e stoccaggio rappresentano quote più o meno simili (Tabella 13).

Tabella 13 – Principali fonti di approvvigionamento dei centri di trattamento degli pneumatici

Principali fonti di approvvigionamento dei centri di trattamento degli pneumatici

L’Associazione Italiana dei Ricostruttori di Pneumatici stima che, nel 2004, la ricostruzione degli pneumatici abbia consentito un minor consumo di greggio per 170 milioni di litri, un minor consumo di materie prime di 48.000 tonnellate, una minore spesa per gli automobilisti per 280 milioni di euro. Inoltre ha evitato l’invio in discarica di 47.000 tonnellate di rifiuti.

2.2.2 Plastiche
Grazie alla continua ricerca e innovazione tecnologica, l’uso della plastica nella produzione di automobili ha avuto, negli ultimi anni, un notevole incremento che ha comportato una riduzione del peso totale delle autovetture. Mediamente, la percentuale di materiali plastici presenti in un’autovettura supera il 9%, pari ad un peso di circa 98 kg. Numerose componenti per autovetture, tra cui paraurti, serbatoi, griglie del radiatore, fanali, cruscotti, accessori interni vari, ecc., sono realizzate utilizzando diverse tipologie di plastiche in funzione delle esigenze di sicurezza, economicità, estetica, ecc. La tabella 14, di seguito riportata, evidenzia il peso e la relativa percentuale delle diverse tipologie di plastiche, mediamente, presenti in un’autovettura. La composizione e il peso delle diverse parti plastiche variano non solo per il tipo di autovettura ma anche per la presenza di accessori.

Tabella 14 – Tipologia delle plastiche che compongono le autovetture

Tipologia delle plastiche che compongono le autovetture

La tabella 15 indica il peso, la percentuale ed il materiale polimerico di cui sono costituiti generalmente i diversi componenti di un’autovettura. Anche in questo caso la composizione e il peso delle diverse parti plastiche variano per tipologia di autovettura e per la presenza di diversi accessori.

Tabella 15 – Componenti in plastica delle autovetture

Componenti in plastica delle autovetture

PP – polipropilene
PVC – cloruro di polivinile
PET – polietilentereftalato
ABS – acrilonitrile-butadiene-stirene
PA – poliammidi
PC – policarbonato
PMMA – polimetil-metacrilato
POM – poliossido di metilene/ poliformaldeide
PU – poliuretano
PPE – polipropilene espanso
UP – poliestere insaturo
PPO – polifenilene ossido
RIM PU Reaction Injection Moulding – tecnologia d’iniezione con reazione tra poliolo e isocianato per formare il poliuretano termoindurente
PBT, PBTP – polibutilenterftalato

Le principali componenti dell’automobile, costituite da plastiche omogenee, non presentano particolari problemi per la fase di riciclo. In molti casi, invece, le componenti sono costituite da materiali plastici accoppiati con altre tipologie di materiali. Questo rende più difficile il loro recupero/riciclo e, a seconda del tipo di autovettura, il processo di recupero avviene in modo parziale o totale. Dal Censimento effettuato nel 2000 da Assorimap (Associazione dei recuperatori di materie plastiche – FISE Assoambiente) sul riciclo di materie plastiche, risultavano recuperate più di 27.000 tonnellate di tali materiali provenienti dal settore automobilistico, compresa l’industria; inoltre, le potenzialità impiantistiche erano tali da propendere, in condizioni tecnologiche ed economiche favorevoli, ad una ulteriore espansione di questa quota.
Dai veicoli messi in sicurezza e rottamati provengono una serie di parti in plastica come: paraurti (polipropilene), imbottiture sedili (poliuretano), serbatoi (polietilene alta densità), coppe delle ruote (poliammide), ecc.. Nel caso in cui le parti in plastica (1,41% del peso veicolo) derivanti dalla demolizione siano costituite da polimeri omogenei, il loro riciclo non presenta particolari problemi, soprattutto nel caso dei paraurti realizzati unicamente in polipropilene. Invece, nel caso di materiali accoppiati, in media circa il 2,46% delle plastiche presenti in un’auto (ad es.: il cruscotto composto da PVC, ABS, poliuretano, gomma termoplastica, etc. i rivestimenti laterali in plastica eterogenea e PVC; le scatole portafiltri in polipropilene con sovrastampaggi in poliammidica; i paraurti realizzati non in solo polipropilene; le parti di carrozzeria in leghe di ABS e policarbonato, etc.), si dovrà procedere ad una sperimentazione che coinvolga sia centri di demolizione che i riciclatori, in modo da individuare le condizioni tecniche ed economiche per il riciclaggio, in relazione ai possibili sbocchi. Può risultare conveniente ed opportuno incentivare il riciclo delle materie plastiche, a partire dai materiali di maggior valore che presentano le minori difficoltà da un punto di vista tecnologico, quali PMMA (Polimetilmetacrilato), PA (Poliamide o Nylon), ABS (Acrilonitrile, Butadiene Stirolo), PP Copo (Poliprolene capolimero), HDPE (Polietilene alta densità). Circa le applicazioni di detti materiali, esse sono ampiamente differenziate nei settori dell’edilizia, dell’agricoltura, dei beni durevoli (elettrodomestici, auto etc.). In generale sostituiscono o sono miscelati con le corrispondenti materie plastiche vergini per manufatti colorati, ossia dove il colore del riciclato può essere coperto dal colore del manufatto.

2.2.3 Vetro
Il peso delle componenti in vetro, presenti sui veicoli a fine vita, è mediamente pari a 20-30 kg. Allo stato attuale, forte incertezza permane sulla via da seguire per il loro riciclaggio, anche se, in ogni caso, l’impatto ambientale di questi materiali è relativamente basso. Di solito, il peso dei vetri smontati nella fase di demolizione è riportato sulle note di pesatura da parte delle imprese di riciclaggio. Attualmente non si hanno a disposizione informazioni attendibili circa il rapporto esistente tra riciclaggio e smaltimento finale. Il vetro è presente all’interno del veicolo in una percentuale del 2,44% sul peso totale dello stesso. Dal Censimento GMR 2000 (GMR rappresenta i recuperatori del vetro presenti nel settore recupero di FISE Assoambiente) emerge una capacità complessiva di riciclo molto ampia, che arriva a 145.000 tonnellate/anno. Nel caso di materiali poli-accoppiati, come i parabrezza con film in plastica, questi vengono macinati e ventilati per separare il film. Nonostante la presenza di uno scarto considerevole, il materiale che se ne ricava è di qualità compatibile con il rottame per vetro cavo. I rifiuti di vetro devono essere conferiti alle piattaforme autorizzate che provvedono ai trattamenti necessari (selezione ecc.), per la produzione di materiale riciclabile da avviare alle vetrerie.

2.2.4 Batterie al piombo
Le batterie al piombo contengono circa il 60-65% in peso di piombo e circa il 20-25% di acido solforico, mentre la restante parte è costituita essenzialmente di materie plastiche. In base a quanto previsto dall’Elenco europeo dei rifiuti, le batterie al piombo, il cui peso medio si aggira intorno ai 15 kg, sono classificate come rifiuti pericolosi per la cui gestione è stato costituito, ai sensi dell’art. 9-quinquies del D.L. 397/88, convertito con modificazioni in legge 475/88, il “Consorzio obbligatorio delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi” (COBAT). Il Consorzio ha il compito di assicurare la gestione di tali rifiuti nel rispetto dell’ambiente, massimizzando, ove possibile, il recupero dei rifiuti. Ai sensi del comma 6 del citato art. 9-quinquies, chiunque detenga detti rifiuti è obbligato a conferire gli stessi al Consorzio direttamente o tramite consegna a soggetti incaricati del consorzio o autorizzati.

2.2.5 Oli esausti
Gli oli esausti prodotti in quantità superiore a 300 litri annui devono essere conferiti al Consorzio obbligatorio degli oli usati (COOU), direttamente o a soggetti autorizzati alla raccolta e/o allo smaltimento dandone, in questo caso, comunicazione al Consorzio stesso. Il Consorzio, costituito ai sensi del D.P.R. 691/82, ha il compito di assicurare ed organizzare la raccolta e la corretta eliminazione di tali rifiuti. Gli oli minerali esausti sono rifiuti pericolosi disciplinati dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95 e dal D.M. 392/96 che ne regolamenta la gestione.

2.2.6 Parti di ricambio
La percentuale delle parti reimpiegabili di un veicolo, valutate, solo qualche anno fa, in circa il 10% in peso di un veicolo, si è notevolmente ridotta, soprattutto, in conseguenza della politica commerciale che incoraggia la sostituzione dei veicoli anziché la riparazione degli stessi. In realtà, le parti che si rompono o si consumano, grazie anche alla elevata tecnologia dell’industria, sono sempre meno. Gran parte delle autovetture giungono a fine vita ancora funzionanti, tuttavia, a fronte di un’ampia quantità di ricambi vendibili, non c’è una analoga richiesta da parte del mercato. Va aggiunto, inoltre, che solo il 30% dei veicoli conferiti alla demolizione hanno un valore commerciale: un demolitore sottopone a trattamento, per il recupero delle parti, solo alcuni esemplari per modello, avviando direttamente alla demolizione gli esemplari in esubero. Il commercio delle parti di ricambio recuperate in occasione dello svolgimento delle operazioni di messa in sicurezza e demolizione dei veicoli fuori uso, è consentito ad esclusione di quelle che hanno attinenza alla sicurezza del veicolo, individuate nell’allegato III al D.Lgs 209/2003.

2.2.7 Metalli
Per quanto riguarda i materiali metallici ferrosi e non ferrosi, valutati dai produttori in circa il 75% del peso del veicolo, l’industria metallurgica assorbe l’intero flusso derivante dalla demolizione dei veicoli i quali, previ eventuali ulteriori trattamenti (es.: frantumazione), vengono regolarmente avviati al riciclaggio, mentre, la restante parte leggera, denominata “fluff”, attualmente è avviata allo smaltimento in discarica.

2.2.8 Materiali derivanti dalla messa in sicurezza
I materiali derivanti dalla messa in sicurezza, che ammontano a circa il 2,4% del peso del veicolo, vengono destinati a specifici circuiti di recupero:
• oli esausti – conferimento obbligatorio al Consorzio Oli Usati (COOU);
• accumulatori al piombo – conferimento obbligatorio al Consorzio per l’avvio al riciclaggio e recupero del piombo (COBAT);
• liquido antigelo – ceduto per il reimpiego anche in settori diversi (agricoltura/idraulica per la protezione degli impianti idrici);
• carburante – avviato ad immediato riutilizzo tal quale;
• marmitte catalitiche – avviate al riciclaggio per il recupero dei metalli preziosi contenuti nei catalizzatori.

Focus di questa pagina: rifiuti da autodemolizione“, “impianti di demolizione dei veicoli“, “impianti di frantumazione.

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